Conflitto tra due leggi: ampliare o ridurre i diritti riproduttivi?

Manifestante con cartello al collo che recita "la 194 è intelligente ma non si applica"

Novembre è un mese spartiacque tra due proposte di legge di iniziativa popolare: una che mira ad intaccare subdolamente l’autodeterminazione di chi decide di interrompere la propria gravidanza attraverso l’ascolto del battito fetale, un’altra invece che tenta di andare a superare almeno in parte le lacune legislative attualmente esistenti nel campo dei diritti sessuali e riproduttivi.

La 194 ha come fulcro fondamentale la maternità, posta in contrapposizione al diritto di abortire. Nel primo articolo della nuova proposta di legge si pone l’accento sui diritti riproduttivi e di autodeterminazione in maniera ampia e in una logica totalmente laica. Entrambi sono rivolti non più esclusivamente alle persone di genere femminile ma alle “persone gestanti”, dunque anche alle persone trans e gender non-conforming, in maniera autonoma e senza autorizzazioni tutelari a partire dai 16 anni e non più solo dopo i 18.

La proposta va poi a rafforzare il ruolo e il funzionamento dei consultori, negli anni snaturati e privati del loro valore fondamentale; rivede i termini entro i quali poter effettuare un’interruzione volontaria di gravidanza (di seguito IVG), in questo caso entro la 14esima settimana e non più entro la 12esima; scardina il concetto secondo cui si può abortire solo se sono presenti “valide ragioni”; propone che tutte le strutture, siano esse pubbliche o convenzionate, garantiscano sia l’aborto chirurgico che quello farmacologico; supera l’obiezione di coscienza, proponendo che chiunque scelga specializzazioni coinvolte nelle procedure abortive sia tenuto a garantire il servizio, chiedendo invece a chi già esercita la professione di riconfermare o meno l’obiezione entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge. È previsto inoltre che chi dovesse mantenere la propria posizione sia inserito all’interno di un registro consultabile pubblicamente e che, durante la fase di transizione tra esistenza e superamento dell’obiezione, le strutture siano obbligate a mantenere in ogni caso una presenza di almeno il 50% di personale non obiettore. Obbligo statale sarebbe anche quello di mantenere una mappatura consultabile ed aggiornata di tutte le strutture e i consultori in cui poter interrompere una gravidanza.

Si mantiene il concetto di gratuità obbligatoria della procedura e si spinge per una maggiore informazione consapevole rivolta alle persone gestanti e ad una maggiore formazione in continuo aggiornamento per il personale medico; si disincentivano penalmente tutte le assurdità che ruotano intorno ai cimiteri dei feti; si cerca di semplificare l’accesso per le persone straniere con provvedimenti specifici; si depenalizza la persona gestante che si trova nella situazione di dover abortire clandestinamente.

Nella pratica quotidiana invece non solo pare sia difficile immaginare un ampliamento dei diritti sessuali e riproduttivi, ma si cerca minuziosamente di andare ad intaccare anche il poco che rimane all’interno di una situazione già di per sé catastrofica. Evidentemente tutti gli ostacoli con cui deve interfacciarsi una persona che decide di abortire oggi (consultori scarni e inconsultabili, pochissimi centri IVG, personale medico obiettore ovunque, liste di attesa infinite, stigmatizzazione durante la procedura) non sono sufficienti. Ed ecco che è nata la proposta di legge promossa da “Ora et Labora” e promossa in vari ambienti politici e religiosi che ha come suo fulcro l’obbligatorietà per la persona gestante di ascoltare il battito fetale. La raccolta firme da poco conclusa rappresenta l’ulteriore tentativo non solo di disincentivare l’aborto contribuendo alla narrazione che stigmatizza questa scelta ma anche di punire la persona che sceglie di abortire. Ad oggi sappiamo che, nonostante non vi sia ancora alcuna legge che lo impone, purtroppo in molti ambulatori si è costrettɜ ad ascoltare il battito fetale, nonostante sia una pratica non solo non necessaria da nessun punto di vista (medico, psicologico, etc.) ma anche non prevista in alcuna delle più recenti linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO abortion Guideline 2022), oltre che violenta e vessatoria. Rappresenta a tutti gli effetti l’ennesimo tentativo di coercizione riproduttiva. Ciò che viene proposto come semplice disincentivazione in funzione di una fantomatica salvaguardia della vita, rappresenta di fatto un mezzo attraverso cui instillare il senso di colpa, rendere traumatizzante una procedura che invece tale non dovrebbe essere, mettendo all’ultimo posto l’esistenza della persona gestante.

Per concludere, ci scontriamo ancora una volta con un altro (non troppo subdolo) attacco al diritto di abortire e decidere per sé stessɜ autonomamente e senza giudizio. L’ondata di destra reazionaria che prende piede in diverse parti del mondo ha messo l’aborto sotto attacco in diversi paesi ed è quindi necessario, oggi più che mai, rimanere costantemente vigili affinché il seppur scarso margine di azione che la 194 ci offre, non sia ulteriormente minimizzato e ridotto. Nel frattempo però siamo chiamatɜ a continuare ad immaginare nuove frontiere di azione e nuove mezzi che rendano l’aborto davvero accessibile, davvero inclusivo e non traumatizzante.

Diffondiamo l’iniziativa e difendiamo il diritto all’aborto come diritto intoccabile per l’autodeterminazione di tuttɜ noi!

Pubblicato da 'Ccà nisciun' è fessa

Siamo un gruppo di studentesse e lavoratrici napoletane impegnate nella costruzione di una rete territoriale solidale di supporto e orientamento, per il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).

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