La relazione sull’attuazione della legge 194/78

Si inquadra un cartello con su scritto "my body my choice. It's simple"

L’art. 16 della legge 194/78 prevede, ogni anno, a cura del Ministero della Salute, la pubblicazione di una relazione sull’attuazione della legge. Prima della più recente pubblicazione contenente i dati del 2021 – per inciso, trasmessa al Parlamento il 12 settembre e pubblicata solo il 6 ottobre -, la relazione di riferim ento, pubblicata nel giugno 2022, conteneva i dati del 2020.

Affrontiamo ogni giorno la mancanza di dati chiari, trasparenti e dettagliati, il ritardo nella raccolta e nella pubblicazione delle informazioni, nonché l’inadempienza di molte Regioni e la reticenza nel parlare di interruzione volontaria di gravidanza. La legge 194/78 prevede uno strumento potenzialmente utile, ma purtroppo, nel corso degli anni, svuotato di senso.

Cosa ci dice, fatte queste premesse, la relazione?

Nel 2021, in Italia, il numero di IVG è diminuito del 4,2% rispetto al 2020. Questa diminuzione è presente in tutte le Regioni, ma in particolar modo nelle Marche e in Toscana. A questo punto, è utile ricordare che nelle Marche, regione a guida Fratelli d’Italia, l’aborto è un diritto soltanto su carta: oltre alla percentuale di obiezione di coscienza, superiore alla media nazionale, e al mancato recepimento delle linee guida sull’IVG farmacologica – la somministrazione della RU486 fino a nove settimane di gestazione -, la regione Marche finanzia centri per la natalità e associazioni anti-abortiste.

Il ricorso all’IVG è poi diminuito in tutte le classi d’età, tranne che nella fascia di età <20. Tra le minorenni, invece, il numero di IVG effettuate è pari al 2,7% di tutti gli interventi praticati in Italia, con un tasso di abortività in aumento rispetto al 2020. Per le donne straniere, dopo un aumento negli anni, le IVG sono diminuite e, nel 2021, hanno rappresentato il 27,1% del totale delle IVG praticate in Italia.

Per quanto riguarda il tema della mobilità regionale, nel 2021 il 93,7% delle IVG è stato effettuato nella Regione di residenza, di cui l’87% nella Provincia di residenza – valori simili al 2020.

La relazione del Ministero della Salute offre una panoramica anche sulle modalità di svolgimento dell’IVG. Per il rilascio della certificazione che attesta la volontà di interrompere la gravidanza, anche per il 2021 risulta prevalente il ricorso al consultorio, segue per frequenza il servizio ostetrico-ginecologico dell’ospedale. Aumenta, inoltre, la percentuale di interventi effettuati entro le otto settimane (circa il 61,7% del totale), mentre i tempi d’attesa sembrano migliorati – la percentuale di IVG effettuate entro 14 giorni dal rilascio del certificato è aumentata al 78,4%.

Cosa ci dice invece la relazione sul tipo di intervento? Nel 2021, le IVG chirurgiche sono state il 50,7% del totale, in diminuzione rispetto al 2020. Il ricorso all’aborto farmacologico, invece, è aumentato al 48,3% dei casi. Anche qui, però, c’è una variabilità regionale importante: l’aborto farmacologico nelle Marche è al 19,6% rispetto – ad esempio – al 72,5% della Liguria.

Cosa ci dice la relazione sull’obiezione di coscienza? È utile specificare che non c’è un monitoraggio chiaro e trasparente del fenomeno. I parametri utilizzati sono diversi (3), ma nulla ci dicono, ad esempio, sulle obiezioni di struttura e su altri aspetti di natura più qualitativa. Il primo parametro, ad esempio, analizza la percentuale di strutture ospedaliere e case di cura autorizzate con reparto di ostetricia e/o ginecologia che effettuano IVG. Il numero totale di presidi sanitari con reparto di ostetricia/ginecologia, nel 2021, è 562 e solo il 59,6% di queste strutture effettua l’IVG. Solo in due casi la percentuale è inferiore al 30% delle strutture censite e, ovviamente, la Campania ottiene, anche per il 2021, questo interessante primato. Nel 2020, ad esempio, la percentuale di strutture era al 27,9%, mentre nel 2021 al 26,1% (dato peggiorato).

Il parametro 3, invece, analizza il numero medio settimanale di IVG effettuate da ogni ginecologo non obiettore e questo numero è in diminuzione, pur con evidenti differenze regionali.

Per la contraccezione di emergenza – di cui, ricordiamo, è stato eliminato l’obbligo di prescrizione anche per le minorenni con riferimento alla pillola ellaOne – l’analisi dei dati mostra un aumento della distribuzione.

Cosa accade invece con i consultori familiari? Il numero di consultori che nel 2021 hanno dichiarato di effettuare counselling per l’IVG è pari al 68,4% del totale (dato in diminuzione rispetto al 2020), mentre il numero di colloqui IVG è superiore al numero di certificati rilasciati. Questo dato sembra incompleto, non chiarisce il tipo di colloquio, non approfondisce il motivo per cui il numero dei colloqui è superiore a quello dei certificati.

Oltre i valori assoluti, è utile valutare anche le differenze regionali per comprendere al meglio l’andamento dell’IVG sul territorio nazionale. Ad esempio, parlando di certificati per l’IVG, stante il maggior ricorso ai consultori familiari, nell’Italia meridionale le percentuali sono più basse (26,4%) e la maggioranza dei documenti risulta rilasciata dal servizio ostetrico-ginecologico ospedaliero.

Se esaminiamo il luogo dell’intervento, stante il maggior ricorso agli istituti di cura pubblici, vediamo che in Campania la percentuale di interventi effettuati in casa di cura è maggiore della media nazionale. Le percentuali invece di IVG eseguite in ambulatori pubblici e consultori familiari presentano differenze significative tra le regioni: la Campania, ad esempio, non rientra tra le regioni che offrono alle donne la possibilità di abortire in regime ambulatoriale o nei consultori familiari.

La Campania rientra, inoltre, tra le regioni con i valori più bassi per punti IVG ogni 100.000 donne in età fertile (1,5 punti) ed è, tra l’altro, tra le Regioni con un carico di lavoro medio settimanale per ginecologo non obiettore maggiore.

Altro dato utile è il numero di obiettori di coscienza per categoria professionale nel servizio in cui si effettua l’IVG. In Campania, nel 2021, la percentuale di ginecologi obiettori è al 79,6%, oltre la media nazionale e percentuale più alta dopo la Sicilia e la Puglia (in aumento rispetto al 2020 con il 73,5%). La percentuale di anestesisti obiettori, nel 2021, è del 56,2%, superiore alla media nazionale e in aumento rispetto al 2020 (al 50,6%). La percentuale, invece, di personale non medico obiettore, nel 2021, è pari al 74,1%, ancora una volta superiore alla media nazionale e in aumento rispetto al 2020 (al 73,4%).

Quella che sembra soltanto una fredda sequenza di numeri, in realtà offre una panoramica preoccupante. I dati sono raccolti in maniera parziale e fotografano il fenomeno soltanto in parte. Non vengono considerate le criticità più evidenti, l’obiezione di coscienza è soltanto un paragrafo neanche troppo approfondito. I parametri utilizzati ci lasciano con non poche perplessità, oltre al fatto che i dati regionali sono spesso non affidabili al 100% (incompleti o in ritardo). Nella lettura di questa lunga relazione, in più, è evidente che l’inadempienza di molte Regioni nel fornire le informazioni richieste non ci consente di avere un accesso ai dati realmente libero. Il sottinteso è più o meno ‘’questo è, fatevelo bastare’’, ma a noi non basta! Non basta avere dati aggregati per regione, sarebbe anzi utile poter accedere ai dati per singola struttura. Questo permetterebbe di mappare l’obiezione di coscienza in maniera più mirata e, soprattutto, consentirebbe alle persone gestanti di accedere ad una prestazione sanitaria che spetta loro di diritto. La relazione non monitora, inoltre, il numero di aborti clandestini: cosa sappiamo del fenomeno? L’ultima stima parziale risale al 2016! Sulla contraccezione d’emergenza e la distribuzione in aumento, la relazione conclude così: ‘’è indispensabile una corretta informazione per evitare un uso inappropriato’’. Un interessante scelta linguistica ancora una volta non sufficientemente spiegata. Vogliamo inoltre evidenziare, sempre in tema di contraccezione, che il più recente riferimento nazionale sull’utilizzo della contraccezione in Italia risale al 2013-2015 e ci colloca nella parte bassa della graduatoria europea, a causa della persistenza di metodi come il coito interrotto. Il dato viene riportato, ma ancora non c’è alcun riferimento a soluzioni possibili.

La relazione si sofferma su un gran numero di dettagli riguardo le persone che ricorrono all’IVG, fasce d’età, cittadinanza, luogo di residenza, numero di aborti effettuati. Che dire, numeri freddi ma non troppo: la scelta dei parametri da utilizzare e delle categorie è anch’essa una scelta politica, altro che statistiche neutrali.

Ci teniamo a ribadirlo, se non fosse chiaro: vogliamo informazioni trasparenti, vogliamo informazioni sulle strutture e dati sugli obiettori di coscienza! La relazione non è abbastanza e, purtroppo, ancora una volta, in ritardo.

Pubblicato da 'Ccà nisciun' è fessa

Siamo un gruppo di studentesse e lavoratrici napoletane impegnate nella costruzione di una rete territoriale solidale di supporto e orientamento, per il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).

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