Fuori gli antiabortisti dai consultori!

Un emendamento al d.l “Ulteriori disposizioni urgenti per l’attuazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR)” – approvato dalla Camera dei Deputati e, nella seduta del 23 aprile, dal Senato – interviene sull’organizzazione dei consultori e il coinvolgimento di “enti del terzo settore”

L’art. 44-quinquies, infatti, recita: “le Regioni organizzano i servizi consultoriali […] e possono avvalersi anche della collaborazione di soggetti del terzo settore che abbiano una qualificata esperienza nel campo del sostegno alla maternità.” 

La destra, come da anni a questa parte, continua ad attaccare, da più fronti, il diritto all’autodeterminazione e alla libera scelta. Lo fa apertamente, ma forse spera di passare inosservata! La Presidente del Consiglio Giorgia Meloni afferma di voler applicare integralmente la legge 194, ma la linea tracciata dal Governo è usare i suoi vuoti normativi e svuotarla di senso. 

La legge 194, frutto di un compromesso storico e politico, presenta zone d’ombra, limiti che né l’attuale esecutivo di destra né i precedenti di sinistra hanno mai superato. Il diritto all’aborto è allora realmente garantito in questo Paese o come ribadiamo da tempo, sempre più sotto attacco

La realtà ci dimostra che non basta l’esistenza di una legge che lo regolamenti. Le posizioni antiabortiste hanno trovato spazio nei discorsi pubblici e nelle narrazioni sull’interruzione volontaria di gravidanza. Apparentemente non c’è percezione di un ribaltamento della legge, ma nei fatti il risultato è la sua latente delegittimazione e la mancata applicazione in molte zone del Paese. 

Nell’organizzazione dei servizi consultoriali, presidi fondamentali per la salute collettiva, si gioca con i fondi del Pnrr per legittimare l’ingresso di “enti del terzo settore” per il sostegno alla maternità. Questa misura, ancora una volta, aggira la questione, ma traccia un filo di continuità rispetto alle azioni intraprese da questo Governo (proposte di legge antiabortiste, cimitero dei feti, dichiarazioni pubbliche estremamente problematiche, firma della Carta dei Principi di ProVita e Famiglia). 

Il concetto è ancor più evidente rispetto alla scelta linguistica utilizzata da FdI. L’emendamento parla apertamente di sostegno alla maternità e non, in maniera onnicomprensiva, di salute sessuale e riproduttiva, libera scelta, genitorialità. La trasformazione dei consultori, da fondamentali presidi sanitari pubblici e laici in centri aperti ai movimenti antiabortisti, confina l’autodeterminazione delle persone. Il rischio è quello di rendere i consultori spazi non più attraversabili da tutte le soggettività. Ricordiamo, soltanto a titolo d’esempio, che una delle pratiche dei movimenti antiabortisti è intercettare le persone nei presidi ospedalieri per orientare le loro scelte in altre direzioni. D’ora in poi a permetterglielo sarà un emendamento: ancora una volta falsamente descritte come “di qualificata esperienza nel sostegno alla maternità” – ma in realtà violente nelle intenzioni e nelle pratiche -, alle associazioni antiabortiste non interessa tutelare la maternità, alle associazioni antiabortiste interessa controllare i corpi delle persone gestanti. 

Ci sembra chiaro che le intenzioni siano tutt’altro che positive, ma al contrario confermano la matrice ideologica del Governo e dei dialoghi costruiti intorno alla maternità come valore sociale e destino inevitabile. I consultori sono ad oggi presidi fondamentali, i primi luoghi in cui ottenere un certificato di interruzione della gravidanza. Secondo le linee guida del Ministero della Salute del 2020, l’aborto farmacologico sarebbe praticabile anche nelle strutture consultoriali e ambulatoriali. 

Questo emendamento colpisce il diritto all’aborto in maniera subdola. Non lo cancella, ma lo rende un privilegio, faticosamente accessibile.

Cosa succederà a chi non ha accesso ad una rete di supporto e ad informazioni corrette? Cosa succederà a chi si recherà in consultorio per richiedere il rilascio di un certificato per l’IVG e si sentirà accoltǝ con frasi del tipo “Sei sicurǝ? Se ci ripensi noi possiamo aiutarti”, “Te ne pentirai, sarà unǝ bellissimǝ bambinǝ”. Cosa succederà a chi non ha la possibilità di spostarsi per interrompere una gravidanza? 

A questo punto, ci chiediamo: non servirà più cambiare provincia o regione, ma bisognerà cambiare direttamente paese

Questo è uno dei tanti scenari che non fatichiamo ad immaginare. I “talk” che hanno occupato gli spazi televisivi degli ultimi giorni raccontano l’aborto come “momento difficile, tragico, delicato”. Parlano di senso di colpa, di reato, di omicidio. Ebbene, vogliamo ricordarvi che l’aborto è un diritto e a renderlo traumatico è l’iter labirintico da dover seguire. A partire dalla piaga dell’obiezione di coscienza, in molti casi di struttura: presidi sanitari pubblici dove il personale medico è obiettore al 100%! Noi non vogliamo un’applicazione discrezionale della legge 194, noi vogliamo molto di più della 194! 

Vogliamo una legge che parli di autodeterminazione, libera scelta, salute sessuale e riproduttiva. Una legge che non parli di maternità, ma di scelta, di diritti riproduttivi. Una legge che parli di persone gestanti. 

Il Governo gioca con i nostri corpi e strumentalizza la legge 194. Non resteremo a guardare!

Pubblicato da 'Ccà nisciun' è fessa

Siamo un gruppo di studentesse e lavoratrici napoletane impegnate nella costruzione di una rete territoriale solidale di supporto e orientamento, per il diritto all’interruzione volontaria di gravidanza (IVG).

Lascia un commento