Robin Campillo arriva alla settantesima edizione del festival di Cannes e con il suo terzo lungometraggio da regista vince il Gran Prix e la Queer Palm. Osannato dalla critica e dal presidente di giuria a Cannes, all’epoca Pedro Almodovar, il film 120 battements par minute racconta del gruppo di attivistɜ dell’associazione Act Up-Paris formatasi nel 1989 sulla scia del modello americano Act Up (AIDS Coalition to Unleash Power). L’organizzazione si impegna a condurre un’azione diretta nel richiamare l’attenzione sulla vita delle persone affette dalla sindrome di AIDS (Acquired ImmunoDeficiency Syndrome). La nascita dell’associazione corrisponde all’ondata pandemica di casi esplosa nel decennio dell’80, anni in cui la retorica dietro le narrazioni dell’HIV proposta dai media e avallata dagli stessi, ruotava attorno all’errata considerazione che il virus potesse essere contratto solo dalle persone omosessuali. Questi alcuni titoli di giornali:
“Raro cancro osservato in 41 omosessuali”, “Gay compromise sindrome”. (1)
A sottolinearlo è anche un frame del lungometraggio:
[distribuzione gratuita preservativi]
“No, non mi interessa non sono omosessuale. Io non rischio di prendere l’AIDS come voi.”
La scena precedente risulta però essere l’errata considerazione di una persona che frequenta un contesto scolastico in cui parlare di AIDS o educare alla salute sessuale non corrispondono alle ‘linee guida’ e risultano dunque argomenti tabù.
“Perché rifiuta di mettere un distributore di profilattici, signor preside?”
“I nostri allievi sono minorenni, così facendo istigheremmo ad avere rapporti sessuali.”
Questo quadro ci offre immediatamente la possibilità di estendere il problema al contesto scolastico italiano, la cui drammatica situazione è in grassetto in molti titoli di giornale: “L’Italia è uno dei sette Paesi europei nei quali l’educazione sessuale non fa parte dei programmi scolastici.”. È ancora la storiella della cicogna ad essere raccontata, ed è naturalmente evitato qualsiasi riferimento in ambiente scolastico alle infezioni sessualmente trasmissibili con annessa mancanza di un’educazione alla prevenzione. Si autorizza invece indifferenza e censura. “Ignorance is your enemy” ribadisce il film o come direbbe Pellai e Calaba: Col cavolo la cicogna!. (2)
Ma a proposito di censura: “120 battiti al minuto vietato ai 14. L’amore gay fa ancora paura?” (3), “L’AIDS non conosce età. Vietare in Italia il mio “120 battiti al minuto” ai minori di 14 anni è una scelta incomprensibile”. La commissione di censura del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo ha imposto l’uscita del film nelle sale italiane con un divieto ai minori di 14 anni. (4)

Keith Haring’s Ignorance = Fear, 1989 (5)
ɜ attivistɜ di Act up-Paris irrompono nelle scuole per educare sul tema e far chiarezza sulla malattia, distribuiscono preservativi gratuitamente, pretendono il confronto con le case farmaceutiche – “Assassini” – e si introducono in blasonati convegni vuoti.

Scena tratta dal film “120 battiti al minuto”
Le battaglie del gruppo di militantɜ partono dal confronto nei loro momenti assembleari, raccontati a più riprese dal film, in cui il dramma personale – alcunɜ attivistɜ hanno contratto la malattia – si emancipa dalla classica narrazione del dolore, eviscerato invece dal pietismo e caricato di sarcasmo, per essere parte di un progetto più grande di dialogo e decostruzione di uno stigma.
Obiettivo parallelo ad altri film sul tema come il pluripremiato Dallas Buyers Club (2013), cui titolo fa rifermento al nome di un’associazione nata realmente nel 1987 in Texas: “un’associazione di cui facevano parte persone malate di AIDS che non potevano permettersi l’AZT – che nel frattempo era diventato l’unico trattamento contro l’AIDS approvato dalla FDA – o che non ne sopportavano gli effetti collaterali.” (6)
Il realismo delle vicende in entrambi film, loro punto di forza, non si spegne neanche nella rappresentazione visiva dei corpi ‘malati’. Nel film 120 battiti al minuto non c’è pudore nel frame in cui Campillo cattura un rapporto sessuale tra i due protagonisti e soprattutto non c’è omosessualità pornografica in questa trattazione, piuttosto ad essere narrata è una possibile relazione tra una persona sieropositiva e una che non lo è, andando così a scardinare l’altro punto cieco in materia di HIV. In Dallas Buyers Club invece ad essere decostruita è tutta quella retorica di cui si è parlato in precedenza; infatti, il protagonista (Matthew McConaughey) contrae la sindrome a causa di un rapporto non protetto con una donna sieropositiva e la sua difficoltà nell’accettare la diagnosi, almeno inizialmente, riguarda esattamente la paura di esser additato come omosessuale.
È proprio vero, dunque, che “Knowledge is a weapon” e che per quanto doloroso il dramma che si consuma nel finale di entrambi i film è solo una parte di un meraviglioso inno alla vita.

Immagine di locandina dal film “120 battiti al minuto”
NOTE
1 – https://lascuolafanotizia.it/2021/05/05/hiv-aids-il-cancro-dei-gay/
2 – Col cavolo la cicogna! Raccontare ai bambini tutta la verità su amore e sessualità, di A. Pellai e B. Calaba è edito da Erikson nel 2019.
5 – https://lascuolafanotizia.it/2021/05/05/hiv-aids-il-cancro-dei-gay/
6 – https://www.ilpost.it/2014/02/05/dallas-buyers-club-storia-vera/